Trilogia della rabbia by Luciano Bianciardi

Trilogia della rabbia by Luciano Bianciardi

autore:Luciano Bianciardi [Bianciardi, Luciano]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2022-10-27T09:36:12+00:00


LA VITA AGRA

Al nobile amico Carlo Ripa di Meana

1

Tutto sommato io darei ragione al­l’Adelung, perché se partiamo da un alto-tedesco Breite il passaggio a Braida è facile, e anche il resto: il dittongo che si contrae in una e apertissima, e poi la rotacizzazione della dentale intervocalica, che oggi grazie al cielo non è più un mistero per nessuno. La si ritrova, per esempio, nei dialetti del Middle West americano, e infatti quel soldato di aviazione che conobbi a Manduria mi diceva “haspero” mostrandomi il ditone della mano destra ingessato, e io non capivo; ma poi non c’è nemmeno bisogno di scomodarsi a traversare l’Oceano, perché non diceva forse “Maronna mia” quel­l’altro soldato, certo Merola della compagnia comando, che era nato appunto a Nocera ­Inferiore?

Le altre ipotesi, che cioè al­l’origine ci sia un basso-latino Braida, o un latino classico Praedium, hanno per me interesse minore, e in quanto al significato concordano tutte, comunque. Campus vel ager suburbanus in Gallia Cisalpina. Insomma, uno slargo, uno spiazzo vicino al­l’abitato, un pezzo di verde intra moe­nia, dove si tenevano le fiere di bestiame e magari ci bazzicavano le prostitute, a notte. Ora, siccome accanto allo spiazzo nostro c’erano le case di un tal Adalgiso Guercio, la gente continuava a dire la Braida del Guercio.

Storto d’occhi ma dritto d’animo, il pio Adalgiso fece dono delle sue case al­l’ordine degli Umiliati, del quale per la verità so poco: so che in quelle case del Guercio misero la loro prepositura, che poco dopo l’ordine si estinse, e che la Braida passò automaticamente al cardinale arcivescovo monsignor Chiesa. Più tardi un sant’uomo, Carlo Borromeo, destinò là dentro i compagni di Gesù, che vi tennero la loro casa insegnante. Ma intanto la vecchia Braida del Guercio, che nessuno ormai chiamava più così, era diventata un palazzo, e più precisamente un’ala del palazzo odierno, ­quella che guarda sulla via Adelantemi. Guarda per modo di dire, perché le finestre sono sbarrate, e le mura massicce di un rosso ferrigno, con un’aria complessiva di fortilizio. Come tutti sanno, nel 1773 i compagni di Gesù si scompagnarono e così quelli della Braida smisero di insegnare, e proprio allora la cattolicissima imperatrice Maria Teresa, saggiamente consigliata dal principe Kaunitz, riunì là dentro il lascito librario del munifico conte Pertusati, la vecchia biblioteca del­l’ordine, altre raccolte minori, e aprì alla cittadinanza colta una nuova e doviziosa fonte del sapere.

Intendiamoci: tutte queste cose io le ho imparate proprio alla vecchia Braida del Guercio, perché amo documentarmi e non parlare mai a casaccio. Nemmeno con gioia, lo confesso – e lo confesso volentieri perché dà più merito alle mie fatiche di ricercatore. Ci entravo ogni volta con una specie di trepida ansia, che somigliava assai allo sbigottimento. Già mi intimoriva, nella sala dei cataloghi, fra i grossi tomi dei vecchi repertori manoscritti – dove l’inchiostro arsenicato invecchiando luccica e rode la carta, pur ottima, di duecento anni or sono – e le cassettine dei nuovi accessi (nuovi per modo di dire, in realtà appena posteriori al



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